Le ragioni dei vegani e dei carnivori, un’analisi seria e imparziale

L’alimentazione vegana non è soltanto una scelta alimentare. Non mangiare carne e derivati animali infatti è dettato non soltanto dal gusto personale o dalla scelta di una dieta sana, ma principalmente da fattori di natura etica e morale.

Vegano è davvero un modo più etico di mangiare?

Le ragioni del sì sono alla portata di tutti: i diritti degli animali valgono quanto quegli degli umani; il consumo di carne favorisce l’insorgere di malattie (per esempio cardiovascolari) e impone lo sfruttamento di terre coltivabili per la produzione cerealicola destinata al bestiame, che altrimenti potrebbe essere usata per produrre frutta e verdura; la cerne destinata ai consumatori produce direttamente e indirettamente un impatto ambientale disastroso; stessa cosa per quanto riguarda lo spreco di acqua, sia per l’irrigazione dei cereali, sia l’abbeveraggio degli animali. Senza parlare di altri fattori, come la contestazione all’origine carnivora dell’uomo, il business non sostenibile dell’industria alimentare con i suoi allevamenti intensivi.

Diamo un’occhiata allora alle ragioni contrarie alla scelta vegana.

Per cominciare, le coltivazioni di vegetali non sono affatto etiche e sostenibili: per quanto riguarda oggi la condizione dei lavoratori, né per il consumo di acqua. Le coltivazioni intensive sono dannose quanto, se non più, degli allevamenti intensivi, sia per l’ambiente che per la fauna e la biodiversità.

Prendiamo in esame tre alimenti onnipresenti e imprescindibili alla dieta vegana; quinoa, anacardi, avocado.

La quinoa è da sempre coltivata in Perù e Bolivia, ma la richiesta all’estero ha scombussolato la produzione: ora, in quei territori, costa più del pollo o del riso. Morale: in Perù e in Bolivia costano meno le merendine americane della quinoa, quasi il 20% dei bambini peruviani, per esempio, soffre di malnutrizione. Per gli anacardi il discorso non cambia: sono prodotti per lo più in Vietnam da lavoratori in condizioni disumane, di norma tossicodipendenti ai lavori forzati. Infine, per produrre 1 kg di avocado sono necessari circa 270 litri di acqua, e la gestione delle piantagioni non è eticamente irreprensibile.

Il fatto, è che non esiste un’alimentazione sana ed eticamente perfetta: coltivazioni intensive e allevamenti intensivi non sono poi così distanti sul piano della non sostenibilità. A un sistema agricolo inefficace (da un punto di vista etico e ambientale), dobbiamo aggiungere un sistema economico (e culturale) altrettanto insostenibile.

Detto questo, dobbiamo però spostare il fuoco della discussione su un piano più intelligente e meno retorico, e scomodare le origini del veganismo, ovvero di una filosofia che considera le specie viventi tutte meritorie di attenzione, ma non tutte uguali: a fare la differenza è il sistema nervoso, la capacità di capire, di soffrire, di avere una sorta di consapevolezza. Più o meno il motivo per il quale tendiamo a non mangiare cani, gatti, scoiattoli, delfini, cavalli. Per il quale i vegani aggiungono all’elenco la mucca, il maiale, la pecora e tutte le altre specie animali.

Mangiare vegano quindi non è etico in assoluto, abbandoniamo il pensiero dicotomico: è soltanto più etico che mangiare carne, se fatto con raziocinio.